INDENNITA’ DI ACCOMPAGNAMENTO – AMPLIAMENTO DEL DIRITTO – LA CASSAZIONE

COSA E’ CAMBIATO NEGLI ANNI

In questo video approfondiamo il diritto all’Indennità di Accompagnamento. Infatti, è importante ricordare quelle pronunce che hanno prodotto l’importante effetto di allargare la platea degli aventi diritto all’indennità di accompagnamento.

LA NON AUTOSUFFICENZA

La Cassazione negli anni ha infatti riconosciuto che rientra nei parametri della non autosufficienza il soggetto che, pur essendo in grado di svolgere gli elementari atti di quotidiani della vita tipici della sua età, e di muoversi autonomamente, seppur a fatica, nella propria abitazione, non sia in grado di uscire e camminare per strada senza l’aiuto di un accompagnatore.

Ancor più innovativa è la Sentenza della Cassazione, dove la stessa ha riconosciuto il diritto all’indennità di accompagnamento, anche per periodi di tempo molto brevi, eventualmente inferiori al mese, rilevando che tale diritto non è connesso necessariamente ad una situazione di non autosufficienza prolungata nel tempo. Non è necessario, pertanto, ai fini dell’accompagnamento il carattere di non permanente dell’inabilità”. (così Cass. 11 aprile 2003, n. 5784).

La capacità richiesta per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento non deve parametrarsi sul numero degli elementari atti giornalieri, ma soprattutto sulle loro ricadute, nell’ambito delle quali assume rilievo non certo trascurabile l’incidenza sulla salute del malato, nonché la salvaguardia della sua “dignità” come persona. Anche l’incapacità ad un solo genere di atti può, per la rilevanza di questi ultimi e per l’imprevedibilità del loro accadimento, attestare di per sé la necessità di una effettiva assistenza giornaliera). (Cassazione, sez. lavoro, sentenza 21.01.2005 n° 1268).

L’accompagnamento va riconosciuto anche in favore di coloro che, pur essendo materialmente capaci di compiere gli atti quotidiani della vita, necessitano comunque della presenza costante di un accompagnatore (Cass. Sent. n. 24980/2022).

MALATTIE ONCOLOGIGHE

Ne consegue che i malati che, per effetto di terapie oncologiche, o di altre terapie ugualmente debilitanti, di trovino in uno stato di autosufficienza, anche se per periodi brevi, possono presentare apposita domanda all’INPS, purché, dal certificato medico e dalla documentazione sanitaria allegata, siano rinvenibili i motivi specifici per i quali si necessita di assistenza continua. (Cass. n. 10212/2004)

Ancora la Cassazione è intervenuta specificando, che la prestazione, non può essere riconosciuta in astratto, ma è necessario esaminare caso per caso se per gli alti dosaggi e i loro effetti sul singolo paziente, ricorrono anche per il tempo limitato della chemioterapia, per il riconoscimento della indennità di accompagnamento.

In definitiva negli anni la Giurisprudenza è intervenuta diverse volte sull’Indennità di Accompagnamento, prima riconosciuta con interpretazioni restrittive.

ACCOMPAGNAMENTO E DEGENZE OSPEDALIERE

L’indennità di accompagnamento spetta agli invalidi civili che non possono svolgere le azioni più semplici della vita.

Il problema che si è posto il legislatore è se il ricovero presso un ospedale pubblico possa costituire l’equivalente del ricovero gratuito in istituto.

RICOVERO IN ISTITUTI

Ovvero se il ricovero in istituto assicura all’invalido, oltre alle cure mediche, venga garantita al paziente totalmente invalido e non autosufficiente, una completa assistenza, in ordine a tutti gli atti quotidiani della vita cui l’indennità in parola è destinata a fare fronte, tale da rendere superflua la presenza dei familiari o di terze persone.

INTERVENTO DELLA CASSAZIONE

A tal proposito, vanno tenute presenti le considerazioni svolte dalla Cassazione, che rendono possibile il riconoscimento dell’indennità anche nei casi di ricovero, anche se gratuiti, qualora gli stessi non esauriscano tutte le forme di assistenza di cui il paziente necessita per la vita quotidiana. (Cassazione n. 2270 del 2007).

L’esame della Giurisprudenza della Cassazione ha preferito quest’ultima tesi, laddove appunto. La persona “inabile totale”, sprovvisto dei mezzi necessari per vivere, ricoverato in una struttura pubblica non in grado di far fronte ad una adeguata assistenza infermieristica, ti viene riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento anche per il periodo di ricovero, soltanto nell’ipotesi in cui, proprio a causa di tale necessaria integrazione, l’assistito abbia subito un danno ingiusto perché costretto a retribuire il cosiddetto infermiere privato.

In definitiva va affermato che il ricovero presso un ospedale pubblico non costituisce l’equivalente del ricovero in istituto e pertanto l’indennità di accompagnamento può spettare all’invalido civile grave anche durante il ricovero in ospedale, ove si dimostri che le prestazioni assicurate dall’ospedale medesimo non esauriscono tutte le forme di assistenza di cui il paziente necessita per la vita quotidiana.

Le degenze in ospedale e la relativa compatibilità con la prestazione di accompagnamento, non di facile interpretazione nel tempo, con diversi spunti contrastanti tra l’ ’INPS e la Giurisprudenza dove alla fine ha prevalso l’interpretazione di quest’ultima, per fortuna.

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